20 feb 2010

°Mia & Elle°

Ecco un breve articolo uscito sul numero di Marzo di Elle Italia a pag. 316 , dove ho rilasciato, insieme ad altre ragazze, una piccola intervista sul tema delle "antibamboccione".

L'articolo è della giornalista Chiara Bondioli.
Riporterò di seguito l'articolo con la mia intervista con qualche correzione apportata ...
Buona lettura:





Per andare a vivere da sola, per iniziare una carriera, per progettare una vita a due. Senza per forza tagliare di netto il legame con mamma e papà, anzi spesso facendo tesoro dei loro consigli. Quattro "antibamboccione" - vent'anni e dintorni"- raccontano a Elle le gioie(tante) e i dolori( qualcuno, ma superabile) di una scelta autonoma.

Il primo a battezzarli fu l'ex ministro dell'economia Padoa -Schioppa, che nel 2007, nel corso di un audizione davanti alle Commissioni di Bilancio di Camera e Senato, invitò il Governo ad attuare un piano per mandare i "bamboccioni" fuori di casa. Quelle parole incendiarono gli animi di molti under 30 , precari eterni stagisti, e disoccupati in cerca di primo impiego, che nella loro condizione di giovani lavoratori a reddito zero- o quasi- chiesero frustrati come diavolo avrebbero fatto ad uscire dal nido sempre accogliente (magari a tratti claustrofobico) di mamma e papà.
A metter ancora il dito nella piaga provvede di questi tempi il ministro per l pubblica Amministrazione e per L'innovazione Brunetta, per sua stessa ammissione ex "cocco di mamma" oramai pentito. dopo che il tribunale di Bergamo ha condannato, un padre divorziato a continuare a pagare l'assegno di mantenimento alla figlia di 32 anni , studentessa di filosofia abbondantemente fuori corso, è scattata la provocazione: figli fuori casa - e per legge- al compimento della maggiore età.Pare che con la crisi il fenomeno dei bamboccioni sia anche peggiorato. Basta sfogliare un recente rapporto elaborato dal Dipartimento di studi sociali, economici, attuariali e demografici della Sapienza di Roma: fotografa una fascia di giovani tra i 25 e i 35 anni , dove ben un milione e 900 mila non studia ne lavora( con una fetta cospicua di 700 mila "inattivi convinti", che un impiego nemmeno lo cercano). disillusi cronici? apatici invertebrati? Un articolo apparso sul quotidiano spagnolo El Paìs rincara la dose dello sconforto.
Il 54 per cento tra i 18 e i 34 anni afferma di non sentirsi interessato e coinvolto in alcun progetto in particolare".Ne di studio ne di lavoro.
Così arriva dalla Spagna non solo un' altra etichetta, ma anche una risposta forte per risvegliare i molluschi a rischio di perdizione. "Sembra che a ogni nuova generazione di giovani più pusillanime corrisponda a una generazione di genitori sempre più disposta a proteggere e a incoraggiare questa pusillanimità in un crescendo senza fine", sentenzia lo scrittore Javier Mariàs dalle colonne del New York Times. e suggerisce l'antica - ma a suo dire efficace- cura dello schiaffone , che . forse, salverebbe qualche giovane addirittura dalla perdizione.
Un quadro a tinte fosche dunque, che disegna, prospettive di sonnolenta e talvolta colpevole inattività.
Ma loro gli imputati su cui pende l'accusa di "bamboccionismo a oltranza" , che ne pensano? Elle ha parlato con 4 ragazze tra i 20 e i 25 e ha scoperto che , come spesso accade, i numeri delle statistiche, inghiottono storie vere, molto diverse e per fortuna molto più orprendenti di quelle che siamo abituati a leggere ( e a scrivere).

" MIA MADRE MI RICORDA DI AVERE UMILTA' "

Mia Vilardo, 24 anni, stilista

Mia madre mi ha sempre ricordato di avere umiltà e mi ripete spesso che "quando si muovono i primi passi nel mondo del lavoro bisogna essere pronti a portare anche i caffè se necessario": un insegnamento che non dimentico mai. specie da quando , alla fine dell'Istituto Tecnico commerciale a Capo d'Orlando, in provincia di Messina, dove abitavo con i miei, ho iniziato ad accarezzare l'idea di andare a Milano a studiare Fashion Design all'Istituto Marangoni . Nel 2003 finalmente mi sono avvicinata al mio sogno : mi sono trasferita e con l'aiuto dei miei genitori ho trovato casa in affitto e ho iniziato la scuola.
La vita a Milano era costosa così alla sera o nel tempo libero ho iniziato a fare dei lavoretti per mantenermi come vestierista nei backstage delle sfilate, cameriera nei bar oppure cassiera in discoteca.
Dopo la laurea nel 2007 , sono tornata in Sicilia per lavorare con un contratto di prova di tre mesi in una piccola azienda a soli 20 km da casa mia. Sono stata fortunata: dopo il periodo di prova mi hanno offerto un contratto come responsabile ufficio stile e prodotto che, in una realtà così piccola, mi ha permesso di imparare moltissimo.
Ma sentivo che avevo il bisogno di fare altre esperienze.
Nell'estate 2008 un'amica dei miei genitori,Responsabile di un azienda in Umbria ,che produce la Maglieria di Marc Jacobs, mi ha presentato la knitwear designer Di Jacobs in vacanza dalle mie parti. Su suo suggerimento , ho inviato un curriculum a New York. E poco tempo dopo mi hanno chiamato.
Sempre grazie alla rete familiare- d'altronde siamo siciliani ,no?- ho trovato ospitalità da una signora amica di mio nonno a Brooklyn e così è iniziata la mia esperienza newyorkese: bellissima e intensa , ma breve. Non mi pagavano, sarebbe stato troppo oneroso per me.
In aprile sono tornata in Sicilia e poi ancora a Milano. Adesso vivo con un mio amico , Riccardo, stilista come me, conosciuto quando durante gli studi facevamo entrambi i costumisti presso una nota discoteca milanese.
Insieme abbiamo trovato la determinazione per realizzare la nostra prima colelzione di 25 capi . Ci abbiamo lavorato tutta l'estate, abbiamo disegnato e cucito cn le nostre macchien ogni singolo capo. Il marchio Miryaki è registrato e ora dobbiamo farci conoscere. chissà che il nostro giovane sogno non diventi una realtà.





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